Non vi seguiamo più

Non vi seguiamo più

Guardare ogni giorno

Se piove o c’è il sole

Per saper se domani

Si vive o si muore

Nel 1967 Luigi Tenco presentava a Sanremo Ciao amore, ciao, una canzone sul tema dell’emigrazione che gli valse l’esclusione dal Festival e forse la vita stessa. Oggi come allora ci svegliamo ogni mattina e dall’ultimo Dpcm, dall’ultima ordinanza regionale, dall’ultima ordinanza sindacale sapremo cosa potremo fare e cosa ci verrà vietato. Per alcuni da quell’ultimo provvedimento dipenderà se porteranno a casa la pagnotta oppure no.

Certamente, nessuno ha una ricetta risolutiva della catastrofe che stiamo vivendo, né sarebbe preferibile avere, come avvenuto nel corso della prima ondata, un Governo forte che stabilisce tutto ed esautora ogni altro potere. La bulimica produzione di norme, però, non ha il carattere della concessione di parola alla comunità. L’iperproduzione di norme tradisce semplicemente la concorrenza dei vertici (nazionale, regionali, locali) nel gestire la pandemia per mera produzione di consenso.

Ciò che è più grave è che ciò sia accaduto senza che quel dettato normativo, a qualunque livello sia stato prodotto, abbia avuto una reale efficacia nel contenimento del contagio. Nonostante, infatti, i cittadini abbiano accettato ogni giravolta delle istituzioni (per carenze del sistema sanitario, per le necessità richieste dal sistema produttivo, per cessione di sovranità alla scienza) ogni volta che la curva del contagio si è impennata la colpa è stata data agli indisciplinati.

La colpevolizzzazione dei cittadini è diventata, dunque, la modalità di governo della società. La coazione a ripetere della produzione di norme (siano anche le più astruse, le più contraddittorie) è diventata uno strumento di disciplinamento formidabile. Al punto tale che la stessa espressione di opinione o l’esercizio del dubbio (che non si parli nemmeno dell’esercizio dei diritti democratici o del diritto a manifestare) sono stati etichettati nell’accusa di negazionismo.

Dentro la catastrofe è difficile pensare. Dentro la catastrofe si prova a sopravvivere. Eppure è proprio dentro la catastrofe che non bisogna cedere allo sconforto e alla rassegnazione. Soprattutto, dentro la catastrofe non ci si può affidare ad apprendisti stregoni che non possono aiutarci per la ragione semplice che sono troppo impegnati a competere per il potere. Davvero, non li si segue più.

Condividi su:

Leave a Reply

Your email address will not be published.