Antudo

Antudo

Antudo conquista, perché non c’è rivolta senza fascinazione, attrazione, allusione. Antudo non sarà solo un grido di battaglia, un riconoscimento reciproco. Sarà anche un sussurro cui non si potrà non corrispondere.

La rivolta del Vespro era stata ampiamente preparata e bastò una scintilla perché sui Francesi si abbattesse tutta l’ira dei Siciliani. Al grido di “Mora, mora!” insorse Palermo e poi il resto dell’isola, compresa Messina, che era stata favorita dagli Angioini che l’avevano individuata come capitale dell’isola. I Francesi adoperarono ogni strategia per mimetizzarsi tra la popolazione locale, ma fu la lingua a tradirli. Obbligati a pronunciare la parola ciciri tradivano le proprie origini, mancando loro la “c” palatale. Le due città, Palermo e Messina, cacciati i Francesi si costituirono, dunque, in liberi comuni: quello di Palermo retto da Ruggero Mastrangelo, Niccolò Ebdemonia, Enrico Baverio e Nicoloso Ortoleva, quello di Messina con a capo Alaimo da Lentini. Al ritorno di Carlo con il suo esercito fu proprio Messina a diventare il campo di battaglia tra Francesi e Siciliani. I messinesi si prepararono ad una battaglia di popolo. Essi sapevano che la vendetta francese sarebbe stata durissima “perciò le donne, i fanciulli, i vecchi, gli ammalati, gli invalidi, gli adolescenti, i giovani, gli uomini nel fiore dell’età, insomma i cittadini di ogni età e condizione sociale si battevano con incredibile ardore, non sottraendosi a nessun compito e a nessun pericolo. Tutti erano presenti con l’animo, con la mente, col corpo, con la tenace volontà, e non avevano bisogno di chi li guidasse …”. Così Tommaso Fazzello, nella sua Storia di Sicilia, racconta il modo in cui essi si disposero alla resistenza.

Antudo è l’acronimo di Animus Tuus Dominus (“Il coraggio è il tuo Signore”), inventato dai Siciliani per riconoscersi durante la rivolta del 1282. Fu il grido di una rivolta scoppiata per l’oltraggio subito da una giovane sposa da parte di un soldato francese. Di tutte le angherie subite dai dominatori francese la più insopportabile fu la violenza sul corpo delle donne. Fazzello descrive così il loro comportamento: “imponevano balzelli inauditi, pretendevano intollerabili tributi, si maritavano a forza con le fanciulle più nobili e ricche e meditavano adulterii anche nei confronti di quelle sposate. Inoltre col pretesto dei tappeti di lana, che per ordine della Corte gli Ebrei ed altri erano tenuti a fornire ai soldati e ai funzionari del re in rapporto alle loro possibilità, entrati nelle case, mettevano a soqquadro ogni masserizia e palpeggiavano impudicamente le donne”.

Antudo finì insieme alla Triscele anche nella bandiera della Sicilia, insieme ai colori rosso, simbolo di Palermo, e giallo, simbolo di Corleone. Da allora è il richiamo alla ribellione contro l’assoggettamento straniero. E’ per questa ragione che venne utilizzata durante le rivolte del 1647, quando i siciliani insorsero per l’abolizione delle gabelle ed un maggiore potere decisionale del popolo. Antudo riapparve poi durante le rivolte antiborboniche del 1820, quando venne ripristinata la Costituzione del 1812, del 1847, iniziata a Messina il I Settembre, e del Movimento Indipendentista per la liberazione della Sicilia (MIS), che originò dai primi gruppi organizzati da Antonio Canepa in Sicilia e libertà, ma che finì per diventare la principale forza politica in Sicilia, tanto che un rapporto di polizia gli attribuiva 480000 aderenti nel 1944.

Antudo è la parola nuova. Essa è suggestiva, suadente. Una delle sue prime interpretazioni la farebbe derivare dal francese Entendu (Inteso), come a significare l’atto del riconoscimento tra coloro che si associavano nella rivolta e stipulavano un patto reciproco di fedeltà. Entendu è il sentire, ma anche l’intendersi, l’essere complice, capirsi con uno sguardo, ammaliarsi reciprocamente. Forse è per questo che Antudo può diventare estetica, moda (“Noi siamo i figli del sole, del mare e della terra. Noi siamo i figli del genocidio. Noi siamo il passato, il presente e il futuro”, recita il manifesto di un marchio registrato Made in Sicily), vestire i colori di un territorio, coglierne il fascino, la bellezza. Per questo Antudo conquista, perché non c’è rivolta senza fascinazione, attrazione, allusione. Antudo non sarà solo un grido di battaglia, un riconoscimento reciproco. Sarà anche un sussurro cui non si potrà non corrispondere.

 

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